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Riparo Gaban

Il Riparo Gaban, così chiamato dalla famiglia Pasquali proprietaria del terreno fino agli anni Ottanta, è situato in località Piazzina di Martigiano, in una valletta pianeggiante, posta sul fianco sinistro della Valle dell’Adige.
La frequentazione del sito è documentata dal Mesolitico fino al Bronzo medio, con alcune interruzioni (come nel Neolitico recente), motivata dalla posizione ottimale e dalle favorevoli condizioni atmosferiche, anche durante i rigidi inverni.

Storia degli scavi

Nel 1970 iniziarono le campagne di scavo, dirette da Bernardo Bagolini, allora Direttore della sezione di Preistoria all’interno del Museo Tridentino di Scienze Naturali, susseguendosi quasi ininterrottamente fino al 1985.
Le indagini geosismiche, geologiche e i sondaggi attestano che il deposito archeologico si estende sotto tutta la superficie compresa nel sottoroccia e in parte, anche, nel prato antistante.
Dal 2007 fino ad oggi, gli scavi continuano sotto la direzione dell’Università degli Studi di Trento, come “campo-scuola” per giovani archeologi. Le ricerche hanno permesso di mettere in luce una stratigrafia, di rilevanza per l’arco alpino, dal Mesolitico al Bronzo medio.

Storia del sito

L’area attualmente scavata a ridosso del riparo è di 60 m², suddivisa in 5 settori in ordine di intervento; tra il 1600 e il 1700 il deposito fu intaccato da tre buche moderne, sul fondo delle quali furono messi in luce resti scheletrici umani, indicando l’utilizzo sepolcrale del riparo durante l’età del rame.
Il Riparo Gaban fu frequentato dal Mesolitico antico, profondità che non è ancora stata raggiunta dagli scavi, ma che in base ai depositi stratigrafici già studiati nel sito sottoroccia di Romagnano Loc, hanno evidenziato come il Mesolitico incominci all’inizio dell’VIII millennio a.C. fino alla metà del VI millennio a.C.
Il Mesolitico è influenzato da due diversi episodi climatici, che determinarono un cambiamento economico e insediativo: il Preboreale e il Boreale, in quest’ultimo periodo i cacciatori-raccoglitori iniziano a condurre una vita più sedentaria con lo sviluppo di un economia basata sulla caccia. Infatti, nei resti faunistici del Riparo di questo periodo risultano più dominanti i cervi e i caprioli mentre stambecchi e camosci tendono a scomparire. Tra gli oggetti del Mesolitico spiccano alcuni singolari oggetti “d’arte” in osso e in corno, ma anche con conchiglie in particolare quelle marine (rinvenute anche nei siti mesolitici di Vatte di Zambana e Borgonuovo).
Con la fine del VI millennio, anche in Trentino, fu introdotta una nuova economia basata sull’allevamento e sull’agricoltura, da cacciatore-raccoglitore l’uomo diventa nel Neolitico produttore e sedentario. Il Riparo Gaban risulta il sito fondamentale per comprendere questi cambiamenti sociali ed economici nella regione trentina. Le ricerche hanno permesso di evidenziare come, i primi gruppi neolitici fossero costituiti dai discendenti dei locali mesolitici, ma anche se sono documentati, i contatti con la Pianura Padana, non fu adottata la tecnica della levigatura della pietra, ma continua l’utilizzo delle corna di cervo.
Nel primo Neolitico si sviluppa il “Gruppo Gaban”, sulla base dei materiali rinvenuti nel sito omonimo,  attestato nei ripari sottoroccia del fondovalle atesino, già frequentati dai gruppi mesolitici e della successione nel Neolitico medio della “Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata” (VBQ).
La stratigrafia del Riparo Gaban attesta una lacuna durante il Neolitico recente (“Cultura dei Vasi a Bocca Quadrata, stile ad incisioni e impressioni). Nei livelli Neolitici il riparo ha restituito numerosi oggetti “d’arte”, tra cui la rappresentazione di statuette femminili, su corno, denti e pietra.
Dopo l’abbandono della frequentazione del Riparo per circa 2.000 anni, nel Neolitico recente e nella prima età del Rame, il sito ritorna ad essere abitato nella media e finale Età del Rame, dove sono evidenti resti di attività fusorie del rame, che al momento risultano le più antiche della nostra regione attorno al 2.600 a.C.
Durante la prima e media Età del Bronzo, risulta l’ultimo periodo di frequentazione del Riapro Gaban (2.200 – 1.600 a.C.), con lo sviluppo della Cultura di Polada, attestata anche nei villaggi palafitticolo del Bronzo Antico, di Fiavé e Molina di Ledro.
Si può presupporre che il Riparo sia stato frequentato anche in epoche successive come nell’Età del Ferro e in epoca romana, visto che nei territori coltivati attorno al sito archeologico, sono stati rinvenuti monete e frammenti di tegoloni.

Reperti del Riparo Gaban

I reperti del Riparo Gaban sono esposti nella Sezione di Preistoria del MUSE.
Le ricerche al Riparo Gaban hanno portato alla luce numerosi reperti, tra cui frammenti ceramici e litici su selce, resti archeozoologici e in particolare oggetti “d’arte”.
Ricca è la documentazione di oggetti d’arte nei livelli mesolitici e neolitici.
Dai livelli Mesolitici del Riparo Gaban provengono numerosi oggetti decorati:
figura femminile ricavata su corno di cervo, la cui assenza di dettagli anatomici, inseriscono il reperto nella plastica muliebre di origine paleolitica;
spatola in corno di cervo, decorata con motivi geometrici con tracce di ocra rossa nella zona centrale;
cilindretto cavo in osso con decorazione che lo ricopre interamente.

Nei livelli Neolitici gli oggetti d’arte su osso, corno, denti e pietra, raffigurano immagini a carattere antropomorfo, geometrico e zoomorfo:
manico istoriato ricavato da un omero di cinghiale con raffigurazione antropomorfa;
– il reperto più significativo è la figura femminile su placchetta in osso. Sulla faccia anteriore si riconosce la testa e sul retro la capigliatura, sul busto è presente un collare con pendaglio a semiluna, e sulla vita sono presenti segmenti paralleli che riproducono una cintura. Nella parte centrale è incisa una vulva sormontata da un motivo ad albero, messa in risalto dall’utilizzo dell’ocra rossa. Secondo Jean Gulaine, la statuetta sarebbe connessa al culto agrario con funzione procreativa;
porzione di femore umano decorato con motivi geometrici e volto stilizzato, potrebbe essere interpretato come uno strumento musicale, visto la presenza di due fori in corrispondenza degli occhi;
– raffigurazione di un pesce su placchetta in osso forata in prossimità dell’occhio, potrebbe essere interpretata come un pendaglio;
ciottolo antropomorfo di forma allungata;
placchetta ossea ottenuta con motivi geometrici.

Attualmente il Riparo Gaban è chiuso al pubblico per motivi di sicurezza, ma è possibile osservare la struttura esterna per comprendere l’importanza del riparo, ma anche vedere illuminato parte della sezione stratigrafica del testimone dalle finestre esterne.

VisitabileAttualmente il riparo è chiuso per motivi di sicurezza, ma è possibile osservare dall’esterno il testimone stratigrafico.

LocalizzazioneIl riparo Gaban è indicato da segnaletica stradale, si colloca alle pendici del Monte Calisio, sopra l’uscita della nuova galleria che da Trento arriva a Pergine, uscendo in direzione Cognola.

ContattiUniversità degli Studi di Trento – Laboratorio “B. Bagolini”
Email: laboratoriobagolini@lett.unitn.it

BibliografiaBagolini B, Pedrotti A, Riparo Gaban, (a cura di) Broglio B., Paleolitico Mesolitico e Neolitico dell’Italia nord-orientale, Forli 1996.
Pedrotti A., Il gruppo Gaban e le manifestazioni d’arte del primo neolitico, in (a cura di) Pessina A, Muscio G, “Settemila anni fa il primo pane: ambienti e culture elle società neolitiche: guida alla mostra, Comune di Udine, Museo friulano di storia naturale, dicembre 1998 – maggio 1999.
Pedrotti A, Il Neolitico, (a cura di) Buchi E, Storia del Trentino, I, Preistoria e Protostoria, Il Mulino, Bologna 2000.
Riparo Gaban: preistoria ed evoluzione dell’ambiente (a cura di) Museo Tridentino di Scienze Naturali, Trento 1980.

 

Concessione per le riprese fotografiche
Provincia Autonoma di Trento - Soprintendenza per i beni culturali - Ufficio beni archeologici ai sensi del d.lgs. 42/04 - Codice dei beni culturali

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