Storia dell’ente museale
La storia del Museo Tridentino di Scienze Naturali nasce verso la fine del Settecento, quando alcuni nobili trentini, sotto l’influsso dell’Illuminismo, iniziano a collezionare oggetti di mineralogia, di zoologia e di botanica. Alla fine dell’Ottocento le collezioni di scienze naturali, antichità ed archeologia furono esposte nella sede di Palazzo Thun (attuale edificio municipale). Lo scoppio della Prima Guerra Mondiale portò alla cessazione delle raccolte d’arte e di archeologia del museo a titolo di deposito al Museo nazionale con sede nel Castello del Buonconsiglio. La volontà di conservare le collezioni portò alla decise di istituire una Società del Museo Civico di Storia Naturale. Nel 1922 venne fondato il Museo Civico di Storia Naturale di Trento, collocato al secondo piano del palazzo in Via Verdi, dove oggi sorge l’Università di Sociologia. Nel 1964 venne istituito il Museo Tridentino di Scienze Naturali, amministrativamente legato alla Provincia Autonoma di Trento. Dal 1982 il Museo si trasferisce nel Palazzo Sardagna in via Calepina fino al 2013.
Nel luglio 2013 è stato inaugurato il MUSE, all’interno del progetto del quartiere de Le Albere con l’obiettivo di riqualificazione urbana, ideato e progettato dall’architetto di fama internazionale Renzo Piano, nell’ex area industriale dismessa della Michelin. Accanto al MUSE, sorge il cinquecentesco Palazzo delle Albere, raro esempio di villa-fortezza, costruito dai principi vescovi Madruzzo.
Sezione Preistorica del museo
La collezione archeologica del museo è costituita da materiali litici, ceramici, manufatti in osso e corno, oggetti d’arte, fibre vegetali, oggetti metallici e faune, la maggior parte di questi reperti sono custoditi nel Laboratorio, mentre i reperti più significativi per illustrare le tappe più importanti della preistoria locale sono esposti nella Sezione Preistorica del museo. Questi reperti provengono dai siti trentini preistorici e protostorici, indagati dal Museo Tridentino di Scienze Naturali a partire dagli anni Sessanta, ma anche oggetti rinvenuti in seguito a segnalazioni o ritrovamenti fortuiti.
Descrizione Sezione Preistoria
Il percorso espositivo permanente è posto al primo piano del museo, attraverso sussidi multimediali e ricostruzioni degli antichi uomini, il visitatore è accompagnato in un viaggio nella preistoria delle nostre Alpi, comprendendo il cambiamento economico, sociale e l’evoluzione culturale: dalle testimonianze dei cacciatori-raccoglitori del paleolitico, a quelle dei primi agricoltori neolitici, dei metallurghi dell’età del Rame, dei luoghi di culto dell’età del Bronzo fino alle evidenze dell’Età del Ferro.
L’esposizione permanente inizia con la rappresentazione della ricostruzione dell’Uomo del Neanderthal, le cui tracce rappresentano la prima presenza umana nel territorio trentino, ne sono prova i numerosi frammenti in selce rinvenuti in diverse zone della provincia. Relativi al Paleolitico Medio (120.000-40.000 anni fa) sono alcuni reperti portati alla luce nel sito delle Viote sulMonte Bondone, le cui campagne di scavi hanno individuato probabili tracce di accampamenti stagionali, restituendo testimonianze dell’industria litica costituita da selce rossa di origine locale (esposto un raschiatoio). Ricca risulta la documentazione dei reperti litici datati al Paleolitico Medio, ne sono un esempio i reperti del sito di Monte Baldo (Verona) e di Grotta Fumane in Valpolicella (VR). Estremamente interessante è il patrimonio archeologico relativo all’Uomo del Neanderthal, comprovato dai reperti rinvenuti nelle Alpi e nelle Prealpi, in particolare i manufatti litici che forniscono informazioni sulla sua vita. L’Uomo di Neanderthal coesiste con l’Uomo Sapiens, ma, quest’ultimo ha il sopravvento determinando l’estinzione dell’Neanderthal circa 35 mila anni fa.
Con la fine dell’età glaciale, circa 14 mila anni fa, i cacciatori-raccoglitori iniziano ad insediarsi stagionalmente negli altopiani (1.000-1.6000 m), in prossimità di bacini lacustri, ambienti umidi e ripari sottoroccia (esempio il Riparo Dalmeri). Suggestiva è la sepoltura femminile di Vatte di Zambana, datata al Mesolitico antico (11.500-8.000 anni fa), la quale rappresenta la prima traccia di comunità mesolitiche in area alpina. L’inumato era di sesso femminile alto un metro e mezzo, di età stimata intorno ai cinquant’anni, priva di corredo e con presente sotto al cranio di qualche frammento di ocra rossa.
Del Mesolitico recente (8.000-7.000 anni fa) sono esposti molti reperti provenienti dal sito pluristratigrafico di Romagnano Loc III, riparo sottoroccia con sequenza stratigrafica dal Mesolitico fino all’età romana. Gli oggetti più significativi trovano collocazione nelle vetrine dell’esposizione permanente, in particolare gli strumenti in selce e i manufatti in osso. Altro sito importante della preistoria trentina, è il Riapro Gaban, che ha fornito dati fondamentali per comprendere i cambiamenti sociali ed economici nella regione trentina dal Mesolitico al Neolitico. I reperti del Riparo Gaban esposti sono “oggetti d’arte” e archeozoologici come la spatola in palco di cervo con decorazione geometrica, un cilindro in corno decorato, una figura femminile su palco di cervo e un dentalium. Relativi al Mesolitico antico sono alcuni oggetti d’ornamento del Riparo di Praedestal, le cui ricerche hanno portato alla luce nei depositi antropizzati industrie mesolitiche e del primo neolitico.
Durante il Neolitico si verifica una significativa trasformazione, infatti l’uomo a partire da questo periodo non si adatta più all’ambiente basandosi sulle attività di caccia e raccolta; ma inizia a modificarlo a proprio vantaggio, acquisendo attraverso impulsi esterni, i fondamenti di nuove attività produttive (tecniche dell’agricoltura e dell’allevamento, fabbricazione dei primi recipienti in ceramica). Tra i siti fondamentali per gli studi di archeologia del territorio alpino sono il Riapro Gaban e il de La Vela di Trento. Dal Riparo Gaban proviene, una ricca documentazione di oggetti d’arte alcuni dei quali individuati nei livelli mesolitici (vetrina precedente), mentre quelli nei livelli del Neolitico Antico furono prodotti su corno, osso, denti e pietra con immagini a carattere antropomorfo, geometrico o zoomorfo. Particolarmente interessante è la figura femminile su placchetta in osso, che secondo Jean Gulaine sarebbe connessa al culto agrario con funzione procreativa. Inoltre, il sito de La Vela, documenta una lunga frequentazione umana dal Mesolitico antico sino all’epoca romana, che ha restituito importanti testimonianze per quanto riguarda il periodo preistorico, come dimostra la presenza di un vasto abitato nel Neolitico Medio (6.600-6.500 anni fa) riferibile alla Cultura dei vasi a bocca Quadrata, da cui proviene la tomba in cista litica e un frammento di pintadera con faccia operativa a doppio spirale. Nel sito de La Vela, con l’avvento della Cultura dei Vasi Bocca Quadrata, si sviluppano relazioni di scambio a vasto raggio, come dimostrano gli oggetti deposti nelle tombe con funzione di corredo come: perle cilindriche in conchiglia di Spondylus provenienti da una sepoltura femminile in cista litica, e il corredo maschile di una tomba in cista litica (scalpello in cisto actinolitico di provenienza nordalpina, lama di ascia in giada e cuspidi di freccia in selce).
Durante l’Età del Rame si iniziano a diffondere in area alpina le prime conoscenze sulla metallurgia. Dai livelli del Rame Antico (4.200-4.000 anni fa) del Riparo pluristratigrafico di Romagnano Loc III, sono stati portati alla luce numerose sepolture di immaturi di età fetale o neonatale disposti in pozione fetale all’interno di vasi tronconici in ceramica. Le prime conoscenze di metallurgia in Trentino si sviluppano intorno alla metà del IV millennio a.C., come documenta l’ascia che faceva parte dell’attrezzatura del famoso uomo del Similaun. Nella regione sono presenti giacimenti di minerali di rame in particolare nella zona della Valsugana e della Valle dei Mocheni, resti di forni e scorie .sono stati documentati nei siti di Acquaviva di Besenello e ai Montesei di Serso, che costituiscono le prime attestazioni della produzione metallurgica nella regione, comprovata dai reperti esposti: ugello per soffiatoio in ceramica, lesine in rame, frammento di forma di fusione per ascia ad occhio. Nell’Antica Età del Rame a La Vela è documentato l’utilizzo a scopo ornamentale di conchiglie marine, come il ricco pettorale di una sepoltura femminile rinvenuto nel 1969, costituito da conchiglie fossili di mollusco, perle in osso, canini di diverse specie di animali (orso, cervo) e cristallo in quarzo.
Verso la fine del III millennio a.C. si inizia la lavorazione del bronzo, ottenuto da una lega di rame e stagno prodotta da artigiani specializzati, per la creazione di armi, strumenti e oggetti d’ornamento. L’abitato palafitticolo di Molina di Ledro ha restituito una fra le più consistenti e preziose documentazioni dell’Età del Bronzo. Infatti, dal sito provengono non solo attrezzature utilizzate per la produzione del bronzo, ma anche manufatti per l’attività della tessitura (volani per fuso, peso da telaio, gomito, cintura), dell’armamento (lama di spada, pugnale), elementi d’ornamento di grande prestigio come la collana in ambra, strumenti per l’agricoltura (accetta) e le cosiddette “tavole enigmatiche” (piccoli oggetti in terracotta o pietra con motivi impressi).
Le ricerche condotte sul Ciaslir del Monte Ozol, età del Bronzo Finale, hanno rilevato la presenza di luoghi di culto con roghi votivi all’aperto (Brandopferplätze alpini). Queste pratiche cultuali, prevedevano l’accensione di fuochi, il sacrificio di animali e l’offerta di recipienti ceramici, in particolari i caratteristici boccali in ceramica (Cultura di Luco) riccamente decorati che venivano intenzionalmente frantumati durante le libagioni.
Rare sono le testimonianze relative alla prima Età del Ferro, mentre molto ricca è la testimonianza della “Cultura Frizens—Sanzeno” che si sviluppa durante la Seconda Età del Ferro, come dimostrano i numerosi reperti esposti provenienti dal sito di Montesei di Serso e da La Groa di Sopramonte. Dalle abitazioni retiche del sito di Montesei di Serso sono state scoperte numerose iscrizioni su placche di corna di cervo e ciottoli con iscrizioni in alfabeto retico, elementi d’ornamento (perla e pendagli) e strumenti legati all’agricoltura.
I giorni festivi (sabato e domenica) e feriali dalle ore 10 alle 19.
Chiuso il giorno di Natale.
Intero:€ 10
Ridotto: € 8
Ingresso famiglie:
Due genitori con minori (fino ai 18 anni): € 20
Un genitore con minori (fino ai 18 anni): € 10
Da martedì a venerdì, ore 15.00
Sabato e domenica, ore 11.00 e 15.00
Costo della visita guidata (per persona) 3 € + prezzo del biglietto
Oppure la possibilità di noleggiare l’app Explora MUSE al costo di 3 €
• bagni
• bar
• ascensore
• pannellistica in lingua italiana, inglese e tedesca
• didascalie reperto in lingua italiana, inglese e tedesca
• mappa del museo
• attività didattica
• sala conferenze
• questionario visitatori (all’uscita del museo)
• mostre temporanee
38122 Trento (TN)
Tel: 0461.270311
Email: museinfo@muse.it
Sito Web: www.muse.it
Guida del Museo di Storia Naturale della Venezia Tridentina: storia ed organizzazione dell’istituto, Museo Tridentino di Scienze Naturali, Trento, 1930.
Dalmeri G., Nicolodi F., Siti e collezioni antropologiche, preistoriche e protostoriche provinciali del Museo Tridentino di Scienze Naturali (verifica di archivio riferita al 1988), in Studi Trentini Scienze Naturali, Preistoria Alpina, 40, 2004, pp. 63-81.
Storia del Trentino, I, La preistoria e la protostoria, (a cura di) Lanzinger M., Marzatico F., Pedrotti A., Il Mulino, Bologna 2001.