Storia degli scavi archeologici
Il sito archeologico di Fiavé fu scoperto nella metà dell’Ottocento durante dei lavori di estrazione della torba, per ricavarne combustibile o fertilizzante, là dove un tempo vi era il lago Carera. Il primo ad accorgersi della sua rilevanza fu don Luigi Baroldi, successivamente il noto studioso roveretano Paolo Orsi, riconobbe Fiavé come un sito archeologico. A quasi un secolo di distanza, l’allora Museo Tridentino di Scienze Naturali (oggi MUSE) avviò, nel 1969, le prime ricerche sistematiche, che furono affidate a Renato Perini, interessato allo studio della preistoria trentina. La lungimiranza del maestro Perini, fu quella di appoggiarsi durante gli scavi, non solo ad archeologi, ma anche a professionisti internazionali di discipline diverse.
Lo scavo si protrasse per sette anni, fino al 1976, portando alla luce, sia in acqua che all’asciutto, vari abitati palafitticoli di diverse epoche dell’Età del Bronzo (2200-1200 a.C.), con qualche sporadico insediamento nel Mesolitico e nel Neolitico-Eneolitico. Dalle indagini svolte, è stato possibile trarre informazioni sulla formazione e sullo sviluppo dell’abitato grazie al rinvenimento di reperti archeologici in ceramica, legno (in buona conservazione come dimostrano i pali delle palafitte) e metallo, di strumenti litici e resti vegetali. Per i numerosi ritrovamenti archeologici e per la buona conservazione dell’insediamento, l’abitato palafitticolo di Fiavé è considerato il sito rappresentativo dell’Età del Bronzo in Trentino.
Sito palafitticolo
Il Museo delle Palafitte di Fiavé dista circa 1 km dal sito palafitticolo che si trova all’interno di un’area di grande prestigio naturalistico, protetta dall’Unione Europea come Zona Speciale di Conservazione e dalla Provincia Autonoma di Trento come Riserva naturale provinciale. Nel sito archeologico di Fiavé si sono conservati i resti dei villaggi preistorici palafitticoli sorti presso le sponde di un grande lago di origine glaciale, chiamato Carera, il quale ha mutato il suo aspetto raggiungendo lo stadio di torbiera.
Le ricerche archeologiche, condotte sotto la direzione di Renato Perini e successivamente di Franco Marzatico, hanno portato alla luce eccezionali tracce riconducibili a diverse fasi insediative.
Queste fasi (da Fiavé 1 a Fiavé 7) sono state individuate in base agli strati archeologici indagati nelle tre principali zone che hanno ospitato gli insediamenti: Zona 1 (isoletta), Zona 2 (insenatura), Zona 3 (Dos Gustinaci).
Le prime frequentazioni del sito, sono riferibili al periodo Mesolitico, ma probabilmente fanno riferimento ad un’occupazione di tipo stagionale. La prima fase di stazionamento risale al Tardo Neolitico nella prima metà del IV millennio a.C. nella Zona 1 (Fiavé 1), in cui furono costruite lungo le sponde dell’isoletta alcune capanne. Sopra questi livelli si sviluppò un altro abitato, datato in base alla cultura materiale, agli inizi del Bronzo Antico nel XXII-XXI secolo a.C. (Fiavé 2). Mentre nell’estesa area, di una vicina insenatura del lago, nel Bronzo antico avanzato (Fiavé 3) si sviluppò un esteso abitato palafitticolo. La vita di questo ‘microcosmo’ proseguì fino alla fase centrale della media età del Bronzo (Fiavè 4 – Fiavè 5), la fitta selva di pali nella Zona 2, corrisponde a tre fasi di vita di un unico villaggio palafitticolo sopraelevato sull’acqua. L’abitato venne ristrutturato con dimensioni più estese, infine gradualmente abbandonato; covo alla nuova occupazione della Zona 1 nel Tardo Neolitico nel XV- prima metà XIV secolo a.C. (Fiavé 6). Nell’organizzazione delle strutture abitative sia nella produzione della cultura materiale si riscontrano caratteri di floridezza e coesione della comunità, persistenti fino a quando il villaggio fu colpito da un furioso incendio, che distrusse l’abitato e causò l’abbandono delle palafitte.
L’area tornò a essere abitata solo nel Bronzo recente 1350-1200 a.C. (Fiavé 7), sfruttando però un modello insediativo diverso da quello su sponda e specchio lacustre. Nella stessa fase sui versanti del vicino Dos Gustinaci, le costruzioni erano poste su terrazzi artificiali, di forma rettangolare, con muretti in pietra e alzato in materiale deperibile.
Il sito archeologico di Fiavé è entrato ormai tra i siti noti a livello internazionale, grazie alle eccezionali condizioni di conservazione delle palafitte della torbiera Carera, residuo del lago che anticamente lambiva questo luogo delle Valli Giudicarie, ma anche per la rapida pubblicazione dei risultati della ricerca.
Per garantire una concreta azione di salvaguardia e valorizzazione di questo unicum a livello archeologico e naturale, la Provincia Autonoma di Trento, in accordo con l’amministrazione locale, si è impegnata nella realizzazione del “Progetto Fiavè” che prevede una serie di iniziative, alcune già realizzate,tra cui la futura realizzazione del parco archeologico e di percorsi attrezzati per la visita.
Itinerario dal Museo al sito palafitticolo di Fiavé
Sito UNESCO
L’alto valore scientifico delle palafitte di Fiavé era già noto a livello internazionale, ma è stato nel 2011 confermato dal Comitato del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO. Sono 111 le aree archeologiche, fra le quali appunto anche Fiavé e Ledro, che insieme costituiscono i “siti palafitticoli preistorici dell’arco alpino” inclusi nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’UNESCO, scelti per la loro importanza fra gli oltre 1000 a oggi noti.
Il sito di Fiavé diede un notevole contributo nella soluzione del problema della struttura delle palafitte preistoriche nelle Alpi. Le indagini nel sito palafitticolo di Fiavé, hanno potuto dare una risposta, in merito alla “questione delle palafitte” sorta nella metà dell’Ottocento. A Fiavé sino documentati i tre tipi di palafitte: in acqua, a ridosso della sponda e su terreno asciutto.
Itinerario palafitticolo UNESCO
Museo delle Palafitte di Fiavé
Già nel lontano 1988 si pensava di realizzare un museo per il sito di Fiavè, durante gli anni di attesa, Fiavè è stato presentato al pubblico attraverso varie esposizioni di reperti rinvenuti, man mano che venivano scoperti, nel Museo Tridentino di Scienze Naturali e con una mostra permanente nel vicino Castello di Stenico. Fin dall’inizio Fiavè era conosciuto, anche per merito della divulgazione da parte del “maestro” Perini, ma in particolare, per l’ottima conservazione dei reperti lignei anche grazie alla mostra Archeologia del legno del 1988 che esponeva alcuni reperti.
La conferma della realizzazione di un centro museale è arrivata al Convegno Comano Terme-Fiavè del 2001, operazione importante considerando che Fiavè, col passare degli anni, è divenuto essenziale per la divulgazione scientifica dell’archeologia sperimentale.
La Soprintendenza per i beni culturali-Ufficio beni archeologici di Trento si impegnò nella realizzazione di un museo in pieno centro del paese di Fiavè, restaurando un antico convento tardo medievale, abitato dalle suore fino al XIX secolo, divenuto poi casa Carli, fu acquistato dal Comune di Fiavè negli anni successivi al convegno Comano Terme-Fiavè del 2001, per la valorizzazione e fruizione della raccolta dei reperti.
Nell’aprile del 2012 si è raggiunto l’obbiettivo: l’apertura del Museo delle Palafitte di Fiavè e attualmente sono in corso i lavori di realizzazione del parco archeologico, nei pressi del sito palafitticolo.
Di particolare interesse è stata la decisione del paese di Fiavè di inserire nello stemma comunale un’importante reperto archeologico, ossia la cosiddetta tazza di “tipo Fiavé” (Fiavé 6), e la ninfea per ricordare il biotipo.
Allestimento museo
L’allestimento del Museo delle Palafitte di Fiavè è stato progetto per far comprendere nel miglior modo possibile com’era la vita che hanno vissuto i nostri antenati al tempo delle palafitte. Il Museo delle Palafitte di Fiavé risulta un museo “moderno”, infatti, dispone di video multimediali, plastici, modellini e pannelli scorrevoli, in cui la comunicazione delle informazioni passa attraverso l’utilizzo del tatto. In molte sala è presente un palo in legno in cui sono indicate le cronologie dei sette insediamenti con colori diversi (più un ipotetico insediamento Mesolitico) e anche i supporti colorati dei reperti nelle vetrine ne fanno riferimento.
Le sale del primo piano sono dedicata alla ricerca, alla storia degli studi. Mentre il secondo piano è dedicato alla ricostruzione della vita quotidiana al tempo delle palafitte, in cui ci si immerge nel villaggio palafitticolo di Fiavè, ed in ogni saletta sembra di entrare in diverse palafitte dedicate a diverse attività.
I sala: Palafitte preistoriche dell’arco alpino. Perché Patrimonio dell’Umanità?
Nella prima sala viene introdotto il tema della palafitte, con la presenza di due video, il primo che spiega la storia del sito palafitticolo e le palafitte, l’altro è, invece, un estratto dal documentario della Rai degli anni Sessanta, in cui Renato Perini, “padre” delle palafitte di Fiavé, viene intervistato da Bernardo Bagolini, famoso studioso di preistoria del Trentino. Dalla prima sala è possibile accedere a due salette di “approfondimento”, in cui vengono proiettati due video relativi al biotopo: il primo racconta la storia dalla nascita del Bing Bang alla formazione del lago, arrivando alla comparsa dell’uomo fino all’insediamento di Fiavè. Il secondo video, in animazione 3D, racconta la formazione del Lago Carera, e la presenza di ricchissime specie di flora e fauna, che di anno in anno riempirono il bacino e ne restrinsero lo specchio di acqua libera, raggiungendo lo stato di torbiera.
II sala: Indagare la terra. Lo scavo come ricerca multidisciplinare. La seconda sala è dedicata alla spiegazione dell’indagine archeologica condotta negli scavi diretti da Renato Perini, egli collaborò con uno staff internazionale di studiosi di varie discipline naturalistiche (geologia, sedimentologia, paleobotanica e archeozoologia), nella sala vengono spiegate queste diverse discipline grazie a brevi filmati.
III sala: Le palafitte nella torbiera. L’evoluzione del paesaggio. Al centro della terza sala è collocato un grande plastico tattile denominato “Il tempo verticale”, il quale mostra com’è una sequenza stratigrafica e di conseguenza gli oggetti contenuti nello strato superiore sono più antichi di quelli nello strato inferiore. Successivamente è esposto un grande pannello in legno denominato “Scopri le scoperte” che raffigura la veduta aerea della zona del sito archeologico, con presenza di finestrelle in legno, che si possono aprire; sono segnate le sette zone, di cui tre zone principali di ritrovamenti archeologici e le altre zone in cui sono stati svolti carotaggi. In un’ulteriore pannello con immagini e un disegno ad acquerello, rappresenta l’antico lago Carera e la diminuzione della sua estensione a torbiera.
IV sala: Dallo scavo al museo. La quarta sala permette una visione diretta dei reperti, al centro della sala si trova una struttura a corridoio delimitata da un lato da una vetrina lunga sette metri e dall’altro da un pannello di analoga lunghezza. La vetrina è divisa in scomparti e contiene i più importati reperti divisi in base alle sette fasi e per cronologia.
Di fronte e specularmente alla vetrina è posto un grande pannello, che crea un rapporto diretto tra reperto e didascalia, dal titolo “Passa il tempo e cambiano le mode: la tipologia”, il quale fa comprendere come i reperti, rinvenuti durante gli scavi, siano stati classificati in base alle loro caratteristiche (materia prima, tecnica di lavorazione, forma). La parte restante della sala, risulta molto divertente per i bambini, perché possono aprire pannelli, conoscendo le materie prime utilizzate: ceramica, pietra, osso e corono animale, metallo e legno. Alla fine della sala, si trova un grande librone, dal titolo “Ai tempi di Fiavé”, in cui viene descritto, attraverso disegni e con un carattere di scrittura molto grande (che sembra richiamare i libri delle fiabe per i bambini), cosa c’era a quei tempi al di fuori di Fiavè: informazioni riguardo al commercio, alle sepolture e un confronto con le altre civiltà del periodo.
V sala: La vita al tempo delle palafitte, in cui è presente la ricostruzione di una palafitta, con soppalco e pavimento color azzurro, infatti nella prima parte della sala il visitatore ha l’impressione di essere al di sotto della palafitta. Accanto è posto il grande plastico di Fiavé 6, che riproduce con dettaglio le abitazioni, le attività domestiche, agricole ed artigianali di oltre 70 personaggi intenti alla costruzione delle palafitte. A fianco del plastico, sono presenti alcune vetrine dedicate al lavoro dei campi, in cui sono esposti alcuni materiali organici rinvenuti a Fiavé (falcetti, aratro e giogo).
Proseguendo percorrendo una passerella in legno, si entra nel villaggio palafitticolo, in cui i diversi ambienti, trattano differenti temi relativi alla vita nel villaggio e all’interno delle palafitte: lavorazione della terra, attrezzi agricoli, animali allevati, uso del fuoco, alimentazione, attività tessili. Ognuna di queste tematiche è stata spiegata anche grazie al coinvolgimento emotivo, costituito dalla presenza di grandi pannelli in legno, o mini-plastici, alcuni calchi in gesso e video con attività di archeologia sperimentale. L’elemento più particolare dell’esposizione è la presenza di armadietti per il pubblico dei più piccoli (3-10 anni), in cui all’interno sono collocati giochi moderni in legno, che richiamano le tematiche affrontate nella sala.
Successivamente si apre la sezione di “vita del legno”, in cui viene spiegato questo materiale, molto importante per l’uomo palafitticolo, che purtroppo, a causa della sua deperibilità è poco conosciuto. Fortunatamente gli scavi di Fiavé hanno riportato alla luce una ricchissima collezione, unica in Europa, per il suo stato di conservazione e di semplicità, di circa 310 reperti in legno. Di notevole importanza è il fatto che molti reperti lignei sono stati rinvenuti ancora in fase di lavorazione (detta “catena operativa”), per cui è stato possibile capire come gli antichi producessero questi manufatti. La ricca gamma di reperti lignei scoperti, attesta le diverse funzioni che avevano, molti oggetti venivano utilizzati per la preparazione e conservazione del cibo (boccaletti, ciotole ansati, mestoli, recipienti composti, contenitori adibiti per il trasporto, frullini), strumenti per la tessitura, strumenti da lavoro sia ad uso edilizio che per l’agricoltura (aratro, giogo, falcetti) e armi per la caccia (un arco, coltellino).
Chiuso novembre, dicembre, gennaio e febbraio
Prezzo biglietto: intero 3,50 euro, ridotto 2,50 euro
Gratuito fino ai 14 anni e la prima domenica del mese.
Piccola guida cartacea per i bambini alla scoperta dei prodotti tipici
Piccola guida cartacea con disegni dei bambini della scuola materna
Guida cartacea per le famiglie al Museo delle Palafitte di Fiavé
• bagno
•ascensore
• didascalie in italiano e inglese
• breve guida del Museo e del sito palafitticolo in italiano, inglese e tedesco
• attività didattica
38075 Fiavé (Trento)
Sito web: museo.visitafiave.it
Email: uff.beniarcheologici@provincia.tn.it
Tel: 0465.735019
Fax: 0465.735019
Perini R., Scavi archeologici nella zona palafitticola di Fiavé-Carera. Parte I. Campagne di scavo 1969-1976. Situazione dei depositi e dei resti strutturali, Servizio Beni Culturali della Provincia Autonoma di Trento. Patrimonio storico e artistico del Trentino, 8, Trento 1984.
Perini R., Scavi archeologici nella zona palafitticola di Fiavé-Carera. Parte II. Campagne di scavo 1969-1976. Resti della cultura materiale. Metallo – osso – litica – legno, Servizio Beni Culturali della Provincia Autonoma di Trento. Patrimonio storico e artistico del Trentino, 9, Trento 1987.
Perini R., Archeologia del legno. Documenti dell’età del Bronzo dell’area sudalpina, Trento 1988
Perini R., Scavi archeologici nella zona palafitticola di Fiavé-Carera. Parte III. Campagne di scavo 1969-1976. Resti della cultura materiale. Ceramica, Servizio Beni Culturali della Provincia Autonoma di Trento. Patrimonio storico e artistico del Trentino, 10, Trento 1994.
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