La Valle di Cavedine, è una zona molto significativa dal punto di vista archeologico, grazie ai numerosi reperti relativi alle diverse epoche. Già nella preistoria la valle costituisce un’importante via di comunicazione tra la Valle dell’Adige e il Garda. In particolare, durante il periodo romano ha ricoperto un ruolo di rilievo, evidenziato dalle numerose strutture venute alla luce, le quali attestano il processo di romanizzazione della valle, confermato dalla presenza di toponimi romani e numerosi reperti. L’itinerario archeologico di Cavedine, permette di comprendere la frequentazione della zona dal periodo preistorico a quello romano, facendo attenzione si possono scorgere lungo il tragitto suggestive “testimonianze” (Fontana romana, Cosìna, Carèga del diaol e le incisioni rupestri).
La passeggiata archeologica “romana” di Cavedine, inizia in fondo a piazza Garibaldi, superata la Chiesa parrocchiale dedicata alla Madonna Assunta, si arriva nella parte più alta del paese, dove incomincia l’itinerario (ben segnalato). Da qui inizia la cosiddetta “strada romana”, come si evince dalla denominazione della via attuale, la quale presenta ancora evidenti tracce del passaggio dei carri (come anche nel decumanus minor allo Spazio Archeologico Sotterraneo del Sas), facendo ipotizzare che fosse un tratto della viabilità, che collegava dal Garda il municipium di Tridentum.
La prima testimonianza s’individua nella Fontana Romana, che costituisce un unicum in Trentino, anche se difficilmente databile con precisione.
La fontana si riferisce all’eredità etrusca, per la costruzione di pozzi, forse legato all’insediamento di Cavedine (Laguna-Mustè) con funzione di “castelliere”. La fontana è scavata nella roccia, con una scalinata che scende nella stanzetta interrata a volta a botte, nella quale è posta una vasca di pietra che raccoglieva una sorgente permanente. Proseguendo per il percorso, costituito da appezzamenti agricoli, si giunge al capitello dell’Assunta.
Il sentiero sale verso il pianoro di Fabian, così chiamato per ricordare l’antico Castel Fabian, dove è visibile la Cosìna, benché il termine derivi dal dialetto locale, indicando l’ipotetico utilizzo domestico, è motivato dal fatto che in diverse epoche fu utilizzata dai pastori per trovare rifugio ed accendere il fuoco: è una grotta naturale nella roccia calcarea profonda circa 4 metri. La Cosìna fu scoperta nel 1912 da don Felice Vogot, egli individuò cinque resti scheletrici addossati alle pareti in posizione rannicchiata e con corredo tombale (strumenti in selce, vasellame, pugnale), successivamente esplorata da numerosi studiosi, tra cui Giacomo Roberti. La datazione della grotta, in base ai reperti rinvenuti, ha permesso di collocare il suo primo utilizzo al Bronzo Antico (III-II millennio a.C.), periodo in cui le grotte a funzione sepolcrale sono molto diffuse, come la Grotta del Colombo di Mori (attualmente non visitabile).
Proseguendo il sentiero, un po’ in salita motivo per cui si consigliano calzature idonee alla montagna, si arriva sul versante opposto della dorsale, dopo la Madonnina votiva, si arriva al terzo “gioiello” del nostro percorso: Carèga del diaol o Trono della Regina (III secolo d.C.).
Discussa è l’iscrizione, secondo alcuni studiosi è un’epigrafe funebre, incisa su di una roccia calcarea, nota già nella seconda metà del XVIII secolo, commissionata da Publio Liamno figlio di Marco Andilone in onore degli dei Mani e della moglie Prima Liberta. Quest’interpretazione, ha dato via a storie fantasiose, come quella che questi due coniugi abitassero in una fattoria vicina. Ma la più “suggestiva” leggenda è che quest’iscrizione, incisa su di una roccia a forma di sedile, ha ospitato Giulia Mammea con la salma del figlio Alessandro Massimo nel 235 d.C. ucciso da Massimino, il quale fu assassinato solo tre anni dopo. Un’altra spiegazione, considera che in seguito alla diffusione della religione cristiana, gli abitanti pagani della valle si sarebbero ritirati sul dosso, per costruire un luogo di culto alle loro divinità. Nelle vicinanze è stata rinvenuta una “pietra sacrificale”, conservata alla Fondazione Museo Civico di Rovereto. Vicino alla Caregà del diàol è visibile un riparo agricolo costruito con lastre di calcare.
Continuando la leggera discesa, è necessario fare molto attenzione per scorgere i lastroni su cui si cammina, sui quali sono presenti “incisioni rupestri” (coppelle scolpite, croci e impronte di mani).
Alla fine dell’itinerario archeologico si percorre un breve tratto sulla strada asfaltata arrivando al Capitello di San Lorenzo. Da lì si percorre la strada per il lago di Cavedine, giungendo nella parte alta del paese: punto di partenza dell’itinerario.
Testo epigrafe “sciolto”: D(is) M(anibus) Pliamnus Terti Mandilonis f(ilus) et (Primae) libertae ux(ori)
Traduzione: “Le fece fare Publio Liamno figlio di Marco Andilone in onore dei Mani per sè e per la moglie Prima Liberta”
Itinerario: 3,5 km
Visitabile tutto l’anno (ad eccezione dei periodi innevati)
Consigliati sono abbigliamento e calzature idonee per camminare in montagna.
Passeggiata archeologica di Cavedine, (a cura di) Marra A., Fiamozzi V., Padergnone (TN): Consorzio delle pro loco della Valle dei Laghi 1991.
Roberti G., Dimore preistoriche nella Valle di Cavedine, in Bullettino di Paletnologia italiana, XXXVIII, Parma 1912, pp.121-124.
Storia del Trentino. La preistoria e la protostoria, (a cura di) Lanzinger M., Mazatico F., Pedrotti A., vol. 1, Il Mulino, Bologna 2001.
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